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Mustras è un collettivo caratterizzato da un crossover artistico che si configura come punto di congiunzione tra arte, architettura, design e artigianato. Il progetto nasce nel 2019 dalla visione di Fabrizio Felici, architetto e designer che attraverso Mustras concretizza l’idea che da Torino lo spinge a riavvicinarsi alla sua terra d’origine: riunire eccellenze della filiera artigianale sarda a una ricostruzione critica e consapevole del vivere contemporaneo da parte di artisti e designer su scala globale.

Il collettivo prende forma nel 2022 in seguito alla collaborazione di Fabrizio Felici con il collega, professore e storico dell’architettura Alberto Olmo, e Martina Carcangiu specializzata in management di eventi artistici e culturali, con un background professionale legato all’arte contemporanea. Insieme sviluppano una ricerca che traccia un segmento volto all’unione della fedeltà alla tradizione manifestata dalla figura degli artigiani, con la capacità di osservazione e riscrittura dell’abitare contemporaneo attraverso il contributo multidisciplinare, teorico e progettuale di artisti e progettisti, costituendo una rete capillare collettiva che si estende verso un’indagine estetica consapevole. 

ph. Barbara Corsico | Archivio Mustras 


Abstract

Il progetto Mustras consiste in un complesso percorso teorico metafora dell’attuale condizione dell’architettura contemporanea che ha visto progressivamente erodere il proprio perimetro di appartenenza a favore di processi di globalizzazione e ibridazione dei confini disciplinari su cui si fonda. Un’architettura incapace di aderire alle mutazioni della società contemporanea limitandosi a produrre un’immagine di se stessa, rassicurante, prevedibile e governata da una tecnologia di rapido invecchiamento. È proprio questo sforzo comunicativo che, in una logica ironica, potrebbe far sì che l’architettura, in un futuro non troppo lontano, si faccia sempre più schermo, supporto neutro di immagini parlanti, perdendo così quel carattere di spazialità che l’hanno, nella storia, sempre caratterizzata, e dimenticando soprattutto il suo fondamentale valore culturale – forse meno eclatante ed immediato delle immagini – ma l’unico ancora in grado di parlare del nostro fare e delle sue qualità specifiche. 

Quale può essere quindi il modo di ritrovare dei punti di riferimento saldi da cui ripartire? Come ritrovarne le coordinate davanti ad un orizzonte così vasto?

Si è scelto di ripartire dal regionalismo e dalla tradizione, punto di vista privilegiato, risultato di quanto rimane di buono, da continue prove ed errori, e che possa restituire una tangenza tra architettura, memoria, rito e modernità. Re-instaurare un dialogo con la tradizione attraverso lo sviluppo di un vero e proprio manifesto mediante il quale indagare lo straordinario del quotidiano è apparso quindi il modo ideale per tracciare i confini del nostro perimetro culturale e superarli per verificarne ogni punto di convergenza con aree geografiche ed assunti ben più lontani. La ricerca ha innescato quindi un percorso multidisciplinare tra artigiani locali, detentori di una cultura del fare, designer internazionali, depositari di una cultura del progetto e artisti capaci di illustrare molteplici prospettive e possibilità di visione, che potessero fondersi verso un nuovo dizionario personale e collettivo condiviso.

 


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